C’è tanta gente che passa qua.
E io li osservo tutti.
Non sono pagato per questo, direbbe il mio capo, ma tanto non mi paga molto, quindi quando ho un momento libero io osservo. Almeno questo.
C’è chi viene qui da sempre.
Tipo quel tavolo là in fondo. Potrei prendere le ordinazioni anche senza sonoro, solo guardando il labiale e ripetendo io in play-back cosa dicono.
“Un martini ben fatto per me, con due olive non una, Mario!” mi dà del tu, non per confidenza, ma per disprezzo, per rimarcare che lei può e io devo rispondere “Sì Signora.”
“Un Manhattan con un goccio, ma solo un goccio, di gin che poi chissà che dico.” e chissà che avrai da dire, vorrei rispondere ma “Sì Signora.”
“Un Cosmopolitan… come Sex and the city.”
Queste tre frasi, immancabilmente, sono seguite dalle risatine come se avessero detto una cosa sconcia o impertinente.
Credo che questo, ordinare al bar quello che vedono nelle serie o nei film strappalacrime, sia la loro massima evasione.
Vite ordinarie, le loro: parrucchiere lunedì mattina, estetista nel pomeriggio, corso di yoga il martedì e personal trainer in palestra (e qui i commenti sui rispettivi personal trainer paiono quelli dei mariti sulla nuova auto sempre più bella e performante di quelle degli altri e della precedente di sicuro), mercoledì mostra e poi qui al bar in terrazza, giovedì acqua gym che vuoi mai mettere su un etto mangiando carote bollite? No dai. Dal venerdì vanno in vacanza da qualche parte, ognuna in un posto diverso, ognuna “No ti giuro, speso pochissimo, posto bellissimo, tempo stupendo… dovevi esserci.” se c’è un girone degli invidiosi mi sa che è il loro.
Più in là c’è un gruppo di ragazzi.
È la prima volta che vengono qui. Da come si atteggiano paiono della Bocconi. Cioè io mai fatta l’università. Mi sono fermato al liceo perché non c’erano soldi e bisognava lavorare… bel lavoro ho trovato: cameriere al Bar Terrazza. “Vedi tutta la città dall'alto, e poi è frequentato da gente che conta e ti pagano bene” mi diceva mio padre per invogliarmi. Si la città la vedi, e vedi anche quelli che la comandano quella città. Ma standoci più vicino senti ancora più la distanza, l’impossibilità di far parte di quel mondo: sei il meccanismo che fa girare gli ingranaggi dell’orologio, solo che tu sei l’ingranaggio che fatica dalla parte chiusa del quadrante: le lancette sono dall'altra parte, tu senti solo il tempo che passa e non puoi leggerlo e usarlo. Loro sì.
Ecco quelli là, quei ragazzi, sono i classici della Bocconi. Ripeto io mai fatto l’università, ma ho fiuto per le cose. Allora iniziamo a dire che quelli del Poli qui non ci vengono molto, ma anche se ci venissero hanno quel rispetto, quel camminare titubante tipo quando entri in casa d’altri e hai un passo diverso, meno sicuro, più sospeso. Ecco quelli del Poli sono così. Timorosi.
Quelli della Statale sono l’opposto: sanno che questo posto non li rappresenta e allora lo vogliono ostentare: entrano sicuri che loro lì non sono accolti e allora si prendono lo spazio senza chiedere, si siedono facendo più rumore del necessario, spostando sedie e tavoli, quasi a voler che qualcuno li richiami all'ordine, per poter rispondere e chiamare tutti “borghesi di merda” o simili epiteti. Purtroppo quando arrivano, il qualcuno che li richiama sono io, mai il mio capo, e quindi mi prendo io del "borghese di merda", al che alzo il sopracciglio a dire “Guardami, non mi pare” e spesso mi piglio pure dello “Schiavo del padrone”. Ecco quasi preferisco i Bocconiani.
I Bocconiani, infatti, entrano sicuri di arrivare a casa loro, toh al massimo casa del mare che è tua, ma non hai la confidenza della quotidianità. Entrano senza chiedere il permesso e si siedono dove vogliono.
Fanno meno casino degli Statali: non hanno bisogno di gridare che quel posto è loro, loro lo sanno e non hanno bisogno di dirtelo. Sapendolo iniziano a fare richieste assurde tipo “Allora mi fai un Gin Lemon con il Nolet, se l’avete…” e lasciano lì la frase a metà. Il Nolet è uno dei gin più cari al mondo e no, noi non l’abbiamo.
“Mi spiace ma non credo che abbiamo questo Gin, però…” non mi lasciano mai finire di parlare, che infatti potrei anche dire “però sei stronzo”, ma loro non lo sentirebbero, che infatti sospirano e dicono “Ok fallo con quello che avete allora… ma guarda te com'è caduto in basso sto posto.” lo dicono a mezza voce, ma che io senta come a ferirmi. Come se a me mi interessasse tanto di sto posto.
Poi si mettono a parlare tra loro con scoppi di risa senza senso (fanno per tutta la serata battute sulla finanza…ora sfido chiunque a ridere di battute sulla finanza. Per un'intera serata).
La cosa più triste, comunque, in quei gruppi sono le ragazze. Sono tutte uguali, quasi identiche. Non ve le descrivo perché sono uguali all'influencer di turno, per cui dipende in che mese le guardate, ma di massima si assomigliano tutte.
Cambiano insieme al cambiamento della moda, a me pare che più che cambiare abito facciano la muta stagionale tipo serpenti, che più che una scelta è un’esigenza, e quello che ieri era cool ora è pelle morta, di cui ti fa schifo anche solo parlarne.
Sta di fatto che la loro serata tipo è: arrivano, baci a tutte le ragazze, “Stai benissimo”, poi attaccate al cellulare mentre i ragazzi giocano a chi ce l’ha più grosso, arriva da bere (io porto da bere) e “Facciamoci un selfie!”, poi foto al panorama (che, onestamente, merita) con bicchiere messo in bella vista e tutta la serata passata a scegliere la migliore combinazione di filtro-frase-musica.
Di massima è: Filtro Iconic – Frase "una bevuta per staccare un po’ e ricaricarsi: best friends forever” – Canzone “Mille” così era l’estate scorsa, questa cambierà solo la canzone (e io punto tutto su “Running up that hill”).
Poi ci sono gli immancabili circoli dei maschi alpha. Almeno credo che siano alpha: da poco ho scoperto che ci sono anche i beta e i gamma e forse qualcuno in più. Io credo che sono un gamma.
Vabbè i maschi alpha li riconosci subito: sono sicuri di se all'eccesso, si parlano sopra (le ordinazioni sono un incubo con loro), e vogliono sempre dimostrare che loro ne sanno di più e si possono permettere di più. Questo su ogni argomento.
Che lo facciano sulle macchine, lo si sa e a me piacciono le auto quindi ascolto anche volentieri. Che lo facciamo sulle qualità delle segretarie potrei dire che ci sta, ma mi fa schifo che ci sta. Che lo facciano sulle loro performance sessuali potrei dire che è molto inventato, ma ecco nel loro mondo malato ci sta anche questo. Ma quando lo fanno sui libri che hanno letto...no dai! Come fate a credere di essere credibili? Libri voi? Che manco il menù sapete leggere!
Ma loro lo fanno. E sapete qual è il trucco? In un primo tempo credevo che fosse spararla più grossa così che andava tutto in goliardia e si passava ad un altro argomento. Ma poi ho capito che il trucco non è spararla grande, non è dire all in per vedere chi ti segue, no il trucco è che tutti sanno che nessuno ha nulla in mano, ma fintanto che ognuno descrive le sue carte spaiate come un poker d’assi e l’altro ribatte che ha un full, e l’ultimo che ha una scala servita… ma nessuno dice mai "vedo” tutti possono continuare a pensarsi forti e invincibili.
Il trucco non sono le carte che hai in mano, e neppure quelle che dici di avere, il trucco è sapere che finché sei tra pari, nessuno ti chiederà di far vedere le tue carte e la farsa potrà continuare.
Gridano uno sull'altro per coprire una musica che sentono solo loro, anzi gridano forse proprio per poter fingere di sentire che quella musica ci sia.
Da fuori, nel silenzio, vedi solo babbuini che gridano “io” per impedire che qualcuno gli chieda “tu chi?”
Ma oggi a un tavolo di lato c’è una coppia nuova che non ho mai visto e che attira la mia attenzione.
Lei è bella, bellissima. Capelli castani mossi che paiono onde del mare, che al tramonto si confondono con la sabbia, occhi verdi intensi che il vestito rosso esalta e ne viene esaltato. Ha un sorriso enorme, sembra non finire mai il suo sorriso e la sua gioia. È bellissima anche perché non sa di esserlo e, forse, non cerca neanche di esserlo.
È bellissima perché lo è per il ragazzo che le sta affianco, lui le dice che è bellissima, lui è il suo mondo e allora lei, dell’altro mondo, si disinteressa.
Lui è un adone, non sono mai stato bravo a giudicare la bellezza maschile io, ma è innegabile che sia un gran bel ragazzo. Alto e ben piazzato, muscoli che si intravedono sotto una camicia di lino leggermente aperta, un accenno di barba del giorno prima che a me starebbe 'na merda e su di lui è dipinta da un pittore.
Parlano fitto fitto, come due innamorati che non vogliono perdersi un attimo della vita dell’altro.
Spesso lui la fa ridere e la sua risata è una cascata: di capelli, prima, dato che lei lancia la testa all'indietro e di gioia poi. La sua risata non è finta o impostata come quella degli altri tavoli, la sua risata viene da dentro e non riesce a essere discreta per la troppa forza che ha.
Quando finisce la risata lei poggia la testa alla spalla di lui, lui la cinge delicatamente in vita, e con la mano sinistra libera disegna nell'aria davanti a loro qualcosa: una casa pare. Lui sta creando per lei la loro casa: vedo gli spazi, una cucina grande e una sala enorme, con due parole e un gesto della mano la arreda e le dà luce, lei sorride emozionata e chiude gli occhi quasi a vedere meglio, poi li spalanca e dice “e un cane?” e lui indica a destra e lì, anche per me che sono distante, pare apparire un cagnolone bianco enorme tipo golden retriever, lo vede anche lei e si stringe ancora più al suo petto. Si accoccola a lui e poi alza lo sguardo e dice qualcosa che non posso sentire, forse neppure lui tanto è delicata quella parola. Lui le sorride di rimando, si volta a sinistra a guardare, e quello che vede lui, vede lei, e immagino io: una stanza dei bambini, sono due lui più grande che corre verso la mamma, lei più piccola ancora malferma che trotterella felice col suo orsacchiotto di pezza che la fa inciampare, ma da cui non si separa. Lei prende prima in braccio il bambino e poi si china e porta a se anche la piccola che le si accoccola addosso serena.
Li guardo, lei sembra la bambina ora: è accoccolata a lui, pare aver trovato se stessa su quel petto.
Li guardo.
Sono così belli.
Sono così felici.
C’è quasi troppa felicità in loro.
Non lo sopporto.
Li devo uccidere.
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