| Tempo di Lettura 11,5' | Autore Steeeve | Da bere Bloody Mary |
Foto di Ally Guindi da Pixabay

Quando camminando in quel parco trovai un pacchetto di sigarette per terra e lo raccolsi con il solo intento di buttarlo in un cestino, non sapevo che quel gesto avrebbe cambiato la mia vita.
Mi chinai lentamente a causa del mal di schiena che mi portavo dietro da un incidente fatto in scooter vent'anni prima, mentre nel contempo mentalmente maledivo chi lo aveva gettato per terra.

Mi accorsi subito che il pacchetto non era vuoto e nello stesso momento che era troppo pesante per essere solo pieno di sigarette.
Lo aprii e dentro vidi…

No, quell'inizio non lo convinceva. Sì era un bell'inizio, forse addirittura troppo. Come diceva il suo primo insegnante di scrittura, quello che faceva solo lezioni all’oratorio: “Se scrivete un incipit (già, lui non diceva inizio, diceva incipit) fiacco la storia farà in tempo a riprendersi ma se ne scrivete uno bello tutta la trama non potrà mai essere da meno”.

Da allora fatico a scrivere incipit troppo belli, non mi sento all'altezza della performance e mi tarpo le ali da solo.

“Tutta colpa di quel vecchio scarpone beghino”.

Dovevo aver parlato ad alta voce, perché il barista si girò verso di me e mi disse «che ha detto? Vuole un panino?»

«No grazie, parlavo tra me e me, anche se un panino forse non ci starebbe male: che ore sono?»

«Le sedici e trenta, sono due ore che scrive 10 righe, pensa per cinque minuti e poi cancella tutto, e non per girare il coltello nella piaga, ma è una settimana che lei viene qui tutti i pomeriggi verso le quattordici e trenta e fa la stessa cosa…»

«Ma che fa, mi spia?»

«Macché la spio, non so se se n'è accorto ma questo bar al pomeriggio si svuota e di solito a parte lei non entra mai nessuno prima dell'ora dell’aperitivo, al massimo entra il classico turista che prende un caffè per poter andare in bagno. Non ho niente da fare tutto il pomeriggio, per forza che guardo quello succede.
Pensi che questo è il miglior bar della zona, con i soldi che ho guadagnato qui in dieci anni, ho comprato mezzo paese, alla mattina le colazioni, poi i pranzi e dall'ora dell’aperitivo avanti fino alle 2 di notte senza una pausa, l’unico momento in cui non riesco a farlo funzionare è proprio il pomeriggio, tanto varrebbe chiudere e andare a casa, ma lì finirei a litigare tutto il pomeriggio con mia moglie, meglio solo che male accompagnato no?»

«Capisco, in effetti io vengo apposta il pomeriggio in cerca di calma e silenzio, arrivo quando finisce il pranzo e me ne vado prima dell’aperitivo, sono qui per scrivere. Sa, mi sono trasferito in paese da un mese circa.»

«E che problemi ha a casa? La classica moglie come la mia che non tace un secondo? Figli piccoli che urlano?»

«No, sono single, c’è sì chi urla, ma non a casa mia: vivo da solo, ma il pomeriggio non ce la faccio a concentrarmi, come le dicevo sono nuovo e non vorrei sembrarle un pettegolo, glielo dico solo perché me l’ha chiesto. La vicina dell’appartamento accanto non è, come potrei dire, molto discreta: quasi tutti i pomeriggi litiga al telefono per una decina di minuti e poi, immancabilmente, fa sesso. Quando litiga urla e quando fa sesso urla ancora più forte!»

«Ahahah capisco, non deve essere una situazione facile.»

«Proprio no, soprattutto se uno vuole scrivere: ci pensa? Io sono uno scrittore, di quelli che prendono l’ispirazione da cosa gli capita attorno, venendo qui ho visto un pacchetto di sigarette per terra e lo stavo usando per scrivere l'incipit del mio racconto, quello su cui sono bloccato.
Quando la sento fare l’amore con un trasporto che non le dico mi viene solo da descrivere scene di sesso. Invece quando urla al telefono mi trovo a trascrivere i dialoghi surreali e le recriminazioni che urla al marito che, a parer mio, sono chiaro sintomo di una relazione che sta andando in frantumi.»

«Sì? e da cosa lo ha capito?»

«La prima cosa sono le tempistiche: tutti i giorni verso le quattordici e dieci circa parla o meglio urla al telefono, col marito come le dicevo. Dopo poco però inizio a sentire la testata del letto sbattere contro la parete del mio studio, e sono quasi sicuro che non sia il marito che rientra a casa dopo essere stato insultato al telefono, capisco le perversioni ma questa mi sembrerebbe veramente strana. E poi, dopo pochi colpi della testata sul muro… parte la sirena.»

«La sirena?»

«Sì, la mia vicina quando fa l’amore non urla, ulula o emette grugniti, lei sembra la sirena bitonale di un’ambulanza, si figuri che le prime volte andavo alla finestra per capire se ce ne fosse una ferma sotto casa mia.»

«Strano, l’ha mai vista questa sirena?»

«No, mai, come le dicevo abito qui da poco, ma posso dirle che non sbaglia un colpo: tutti i pomeriggi dal lunedì al sabato si ripete la stessa scena, la domenica mai, si vede che il cornuto non lavora, ma sei giorni su sette si ripete lo stesso copione: telefonata, urla, testata che sbatte e sirena. E va avanti almeno fino alle diciassette e trenta tutti i pomeriggi: non so chi sia il suo amante ma deve essere uno stallone. Oppure sono più di uno, io non ce la farei mai a tenere quei ritmi.»

«E nelle urla al telefono cosa dice?»

«Non so se è il caso, non vorrei veramente passare per un pettegolo…»

«Ma no, non si preoccupi, sono un barista: il mio bancone è come un confessionale di un prete, le notizie entrano ma non escono.»

«Va bene, mi fido di lei, come le dicevo litiga con un uomo, il cornuto: gliene dice di tutti i colori tipo che lui è sempre al lavoro, che lei si rompe i coglioni in casa dalla mattina alla sera, che prima di conoscere lui e trasferirsi da Roma, lei aveva un bel lavoro e che in questa città di merda non trova nulla, che ha lasciato tutto per lui, che vuole il divorzio, che non gliene frega un cazzo dei suoi soldi, e così via.
Di lei non so dirle nulla, non l’ho mai vista però so che il cornuto si chiama Ugo: avrò sentito quel nome mille volte: -Ugo sei uno stronzo, Ugo sei un pezzo di merda, Ugo sei impotente. Sicuramente Ugo non è quello con cui passa i pomeriggi…»

«Ha.»

«Ma che ha, è diventato tutto rosso.»

Il barista si dirige dietro il bancone ed esce con una mazza da baseball in mano, lo scrittore lo guarda spaventato.

«Cosa fa con quella mazza in mano? Ho detto qualcosa di strano? non volevo offenderla.»

Mi dica, dove abita. Voglio sapere subito il suo indirizzo ed il piano!”

«Via Tamburini, 17 terzo piano ma la prego, si calmi.»

«Io la ammazzo!»

«Come? Che dice? Ma cosa ho fatto?»

«No, non lei, io ammazzo quella stronza di mia moglie! Se ancora non ci sei arrivato io sono il tuo vicino di casa, il cornuto e la sirena è mia moglie.
Vado l’ammazzo e torno, tu stai qui e controlla che non entri nessuno.»

«No, ma cosa dice, non faccia stupidaggini.»

«Non rompere i coglioni se non vuoi che ammazzi prima te. Adesso ce l’hai bella e che pronta una storia da raccontare, scrivila mentre io vado e l’ammazzo.»

Il barista esce di corsa dal bar, lo scrittore lo guarda dal tavolo dove è seduto, lo vede correre a piedi e girare al primo incrocio in direzione di casa sua, calcola che con quel passo ci metterà massimo 10 minuti, raggiunge il bancone del bar, prende il telefono fisso e compone un numero a memoria che risponde al primo squillo.

«Pronto?»

«Ciao, ci siamo, sta arrivando tra pochi minuti sarà lì, si è comportato esattamente come avevamo previsto, era così infuriato che è partito di corsa, se siamo fortunati gli viene un infarto se no procedi col piano.
Hai messo i fermi alla porta? Perfetto. Non appena la sfonderà tu spara, mi raccomando, mira al petto e scarica tutto il caricatore. Ora prendo lo scooter e lo precedo lì in modo da fornirti un alibi.
Appena sparerai uscirò da casa mia subito, all'arrivo della polizia testimonierò di aver sentito delle urla dall'appartamento di fianco e racconterò la nostra versione.
Tu dovrai solo piangere, sembrare sotto shock e raccontare alla polizia la storia che abbiamo concordato, che lui era incredibilmente geloso, che non ti lasciava uscire di casa e che ti picchiava: si vedono bene i lividi che abbiamo fatto ieri sera? Ottimo.
Mi raccomando alla Polizia dì che ti ha chiamato dal bar dicendo che sarebbe venuto ad ucciderti e che per questo hai tirato fuori la tua pistola regolarmente detenuta: non hai chiamato subito la polizia perché avevi paura, ma speravi che si sarebbe calmato.
Non ti preoccupare, sarà legittima difesa, lo sai che sono un avvocato e che ti difenderò io.
A tra poco amore mio, arrivo.»

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