| Tempo di Lettura 7' | Autore Steeeve | Da bere Moscow Mule |
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Tu che sei un barista di storie ne devi aver sentite molte no?
Voi baristi siete come i preti e gli psicologi.
Lascia che ti racconti la mia.

Lo sai qual è l’evento meno prevedibile sulla faccia della terra?
Lo so cosa stai pensando, l’amore.
Mi spiace ma no, non è quello.
Ora stai pensando a un terremoto, uno tsunami o alla morte vero?

Sbagliato di nuovo.

E allora cosa? Ti arrendi?
La botta di culo.
Esatto, la botta di culo.
Quell'insperato colpo di fortuna, che a volte ti cambia la vita, altre ti fa solo apparire decente una giornata di merda. A volte può essere enorme, altre piccolissima ma ha sempre il medesimo risultato: ti cambia la vita o la giornata.

Per esempio ti può capitare di trovare 100 euro nella tasca interna di una giacca che non usi dall'anno scorso, non pensi al fatto che te li sei dimenticati lì e che erano comunque soldi tuoi, sei fortunato perché li hai trovati. Magari li spenderai per te, per qualcosa di superfluo e in effetti non importa come, ma il fatto che spendendoli ti riterrai fortunato, ti toglierai uno sfizio che non ti cambierà la vita ma di certo ti farà stare bene.

Io i 100 euro, che ho trovato stamattina nella tasca della giacca che stavo per buttare via,  ho deciso di spenderli al ristorante con la donna della mia vita, mia moglie Anna. Ci avrai già visto qui dentro insieme: quando usciamo e non facciamo in tempo a passare per casa ci diamo sempre appuntamento qui, dove ci siamo conosciuti: eravamo poco più che bambini, saranno passati almeno 30 anni, è stato il mio primo amore.

Ma tornando alle botte di culo ti faccio un altro esempio.
Due anni fa, camminavo per strada in un grigio giorno d’inverno.
Immagina la scena: piove a dirotto, fa freddo, sei in ritardo e come se non bastasse ti accorgi di avere una scarpa slacciata.
Ti fermi bestemmiando sottovoce per allacciarla, ti chini, i lacci nella tua mano sono fradici ti sembra di afferrare due lombrichi, cominci a fare il nodo ma in quel momento un rivolo di acqua gelata ti scende nel collo e per colpa del brivido che ti percorre tutta la spina dorsale perdi la presa e devi ricominciare.
Sempre bestemmiando, anche se forse un po’ meno sottovoce, lo rifai, finisci, ti alzi in piedi pronto a ripartire. In quel momento una macchina sbanda e ti passa a poco più di un centimetro da quella scarpa, ora perfettamente annodata, schiantandosi contro il muro alla tua destra.

Cinque secondi.

Se non avessi perso quei cinque secondi a rifare il nodo ora saresti morto o, se ti fosse andata bene, saresti un sacco di pelle pieno di ossa rotte in un letto di ospedale. 
In quel momento la pioggia, il ritardo, il freddo, la scarpa, il rivolo d’acqua gelata non sono più fastidi, non sono più problemi. 
Te lo ripeti in testa: saresti potuto essere morto, ma proprio morto morto.
Quindi te ne frega anche un po’ meno del ritardo.
Anzi, quando arriverai a cena dalla tua ragazza e dai suoi amici avrai una storia da raccontare.

Stai pensando a questo quando vedi una signora incredibilmente intatta uscire dalla macchina, ti avvicini a lei e le chiedi come sta, è spaventata ma viva, chiami un’ambulanza per sicurezza e decidi di stare con lei ad aspettare, avvisi la tua ragazza che farai tardi, spiegando velocemente cosa ti è appena successo.
Senti che non è particolarmente felice ma le dici che è il tuo dovere in quanto essere umano, capisci che è arrabbiata e che sta cominciando a usare quel tono che prelude un litigio.
Le dici che devi andare, prima che possa finire la frase, inutile discutere al telefono e poi farlo di nuovo dopo, perché tanto sai che non te la scamperai, decidi razionalmente che te ne sorbirai una sola di litigata, non due.

Mentre aspettate l’ambulanza seduti sui sedili posteriori della macchina chiedi alla signora se ha qualche parente da contattare, ti spiega che ha solo una nipote che però ora è in aereo e atterrerà tra poco, stava giusto andando a prenderla. Ti rendi conto che è agitata perché parte a raccontare a ruota libera, ti dice che era uscita di casa e prima di dirigersi in aeroporto era passata dal cimitero dov'è sepolto il marito che è morto da meno di un mese, probabilmente si è distratta alla guida pensando a lui, le dispiace moltissimo, poteva ucciderti, sta per piangere. 
La tranquillizzi dicendole che non importa, che nessuno si è fatto male, che le macchine si ricomprano e che l’importante è la salute.

Ti racconta della nipote, andata via dalla città da molti anni, con tutta la famiglia, perché il padre, marito della sorella, si era trasferito all'estero per lavoro, ma che finalmente, dopo moltissimi anni, stavano tornando tutti. La nipote stava arrivando prima perché dalla settimana successiva avrebbe cominciato a lavorare in città e quindi si sarebbe fermata a casa sua in attesa di trovare una sistemazione.

La lasci parlare perché senti che ne ha bisogno, dopo 10 minuti di monologo arrivano i soccorsi.

Lei ti ringrazia e ti saluta con occhi tristi, tu ti rendi conto che non vuoi lasciarla sola: pensi che ha l’età che avrebbe tua madre se fosse ancora viva e a quando ti diceva che la gentilezza e le buone azioni tornano sempre indietro.

Metti sul piatto le due alternative: da una parte una cena a cui arriverai in ritardo e dove ti toccherà litigare, dall'altra seguire in ospedale una signora che neanche conosci perché non sia sola. La scelta è scontata.

Non sei un parente quindi non ti fanno salire in ambulanza, chiami un taxi e la segui. Arrivi subito dopo di lei al pronto soccorso, l’hanno portata con le sirene spente ma in questo caso è un buon segno. Scoprirai infatti parlandole dopo che durante il tragitto le hanno fatto una serie di controlli e che non ha nulla, ma che hanno preferito accompagnarla comunque in ospedale per una visita generale.

Sei seduto con lei al pronto soccorso, è un codice bianco quindi l’attesa sarà lunga, la convinci a mandare un messaggio alla nipote che altrimenti, non trovandola, si preoccuperebbe, quindi la aiuti a farsi una foto mentre sorride e a inviarla su whatsapp, per tranquillizzarla ancora di più. Ridete insieme quando la nipote risponde preoccupata, anche se la zia le ha detto di non esserlo, ma soprattutto stupita dal fatto che lei sia riuscita a mandarle una foto su whatsapp.

In quel momento ti torna in mente la cena, tiri fuori il tuo cellulare e ti rendi conto che inconsciamente lo hai silenziato.
Ci sono quattordici chiamate della tua ragazza e un messaggio audio in segreteria.

Lo ascolti, e tra le urla capisci che sei passato dall'essere parte di una coppia sommersa da abitudini, routine e paura di stare da soli, a single.

Il destino ha scelto per te. Dentro non senti tristezza, ma sollievo e gioia per il futuro felicemente incerto che ti aspetta.

Maria ti guarda preoccupata, da un po’ siete passati al tu e ai nomi propri, probabilmente ha sentito le urla, in realtà ti stupisci che le abbia sentite solo lei, le dici che va tutto bene, anzi benissimo, che in questo momento ti ritieni l’uomo più fortunato del mondo.

Ti rendi conto che da fuori non devi sembrare del tutto normale, allora le spieghi che sei vivo per merito di un laccio di scarpa, e che anche grazie a questo sei finalmente uscito da una relazione che non sapevi di voler chiudere, e infine che sei contento di essere lì con lei.

Ora Maria sorride, le si illuminano gli occhi e ti dice che è contenta che da un incidente sia venuto fuori qualcosa di buono.

Intanto la nipote ha mandato un altro messaggio, ha trovato un taxi e sta venendo in ospedale, dovrebbe arrivare tra poco.

Le chiedi se vuole qualcosa dai distributori nell'atrio visto che stai andando a prendere dell’acqua. 

Torni dopo 10 minuti perché hai dovuto cercare qualcuno che ti cambiasse 5 euro.

Vedi che Maria sta parlando con una ragazza di spalle, immagini che sia la nipote e ti avvicini.

La tua nuova amica ti vede e sorride, e rivolgendosi alla nipote dice «Anna, ti voglio presentare la persona che ho quasi ucciso e che invece di essere arrabbiata e di provare a fare lo stesso, è stato così gentile con me».

Anna si gira, continuando per qualche secondo a guardare la zia, ha gli occhi lucidi, si capisce che le vuole molto bene e che era spaventata.

La guardi, è bellissima. La guardi, ti sembra familiare. La guardi e pensi: no, non è possibile, non può essere lei!

Ti guarda. Apre la bocca per dire qualcosa. Si blocca. Le si spalancano gli occhi.

Rimanete in silenzio per almeno una decina di secondi, anche se a te sembrano molti di più, perché è una vita che sogni questo momento.

Riesce a parlare prima lei: «Marco, sei tu?»

«Anna sei veramente tu?»

E insieme: «Lo sapevo che ci saremmo ritrovati!»

Il barista sorride, Anna entra mi bacia e lo saluta: «Mario te l’ha raccontata un’altra volta?»

«Si Anna, come ogni volta che viene qui dentro, ma io non mi stanco mai di ascoltarla sta storia.»

«Fammi il solito aperitivo vuoi?»

«Certo!»

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