| Tempo di Lettura 11,5' | Autrice Sara | Da bere Tequila sale e limone |
Foto di Xavier Espinosa da Pixabay

L’unica cosa che le restava da fare quella notte era far sparire il cadavere del suo migliore amico.

Avevano programmato quel viaggio da un paio di mesi, doveva essere il loro viaggio premio per la fine di un anno passato principalmente a lavorare e a spostarsi per il Paese per motivi famigliari.

Liz e Max si conoscevano dai tempi del liceo, non era stata un’amicizia a prima vista. A lei inizialmente lui era sembrato un tipo arrogante ed esibizionista. A lui, lei, non sembrava degna di nota, per non dire quasi invisibile, ma quando realizzò che era una delle più brave del corso si era avvicinato principalmente per interesse, ossia per farsi passare i compiti. Ma lei lo aveva volgarmente mandato a quel paese, ammesso che si possa farlo in modo gentile, e lui non pensava che una come lei, così composta e seriosa, potesse rispondergli in quel modo e per questo ne rimase colpito. Le divergenze lo avevano sempre affascinato.

L’unico interesse di Max era lo sport, grazie al quale ottenne la borsa di studio per l’università del Connecticut. Liz, invece, amava la letteratura ed era entrata a Yale semplicemente per merito.

Erano due universi disallineati che però riuscirono a legarsi grazie ai loro disagi famigliari che scoprirono per caso, quando un giorno, dopo scuola, si trovarono entrambi al centro alcolisti anonimi. Non per loro, ma per sua madre lei, e per suo padre lui.

Il centro aveva deciso di iniziare a coinvolgere negli incontri, una volta al mese, anche una persona molto vicina ai pazienti. Così, un pomeriggio, entrambi si trovarono in quella stanza con i loro genitori e le loro ferite.

All'inizio quella crepa comune creò imbarazzo e vergogna, ma incontro dopo incontro iniziarono a conoscersi davvero. Non c’era mai stato niente tra loro, anche se visti da fuori, tutti avrebbero detto il contrario. A dire il vero lui una volta aveva provato a baciarla, mentre lei stava preparando un hamburger per fare merenda insieme. Si era avvicinato in modo eloquente, provando a posare le sue labbra sulle sue, ma lei si scansò dicendo che non era interessata ai maschi.

«Non potevi dirmelo prima?»

«Non me l’hai mai chiesto!» 

Questo era stato il dialogo che seguì quella scena di imbarazzo, che si concluse con sonore risate.

«Ma se fossi stata etero ci saresti stata?»

«Ma che domande sono?? Che ne so!»

Questo era stato il vano tentativo di lui di riscattare la sua virilità prima di tornarsene a casa.

Superato l'equivoco, la loro amicizia continuò e adesso, a distanza di dieci anni, stavano per partire per Miami. Sarebbero partiti in macchina da Washington, città dove entrambi vivevano da un paio d’anni. Avevano deciso di fare una tappa in Carolina del Sud per riposarsi e arrivare a destinazione il giorno dopo. Ma a Miami non ci sarebbero mai arrivati.

Max il giorno della partenza chiamò all'alba Liz per dirle che sarebbe passato a prenderla entro mezz'ora, anche se erano rimasti d’accordo che sarebbero partiti per le 9 del mattino. Liz era confusa, Max aveva uno strano tono di voce, non sembrava lucido.

«Tutto bene?»

«Sì sì, è che pensavo che visto che ero già sveglio e tu anche, potevamo anticipare la partenza, che dici?»

«Max, sono già sveglia perché tu mi hai svegliato!»

«Ah ah ah ah, divertente!»

Liz non capiva cosa ci fosse di divertente, ma era troppo presto per connettere, così non le restò che prepararsi. 

Era talmente presto che entrambi non avevano fatto colazione così Liz propose di fermarsi in un bar lungo la strada. Max non accolse con entusiasmo quell’idea, ma lei con la sua testardaggine si imputò e gli disse che la colazione gliela doveva dopo quella levataccia forzata.

Nell'abitacolo della macchina si respirava un’aria strana, Liz l’avvertì poco dopo che iniziarono a viaggiare. Lui ogni tanto si girava a guardarla e sorrideva in modo innaturale senza dire niente. Entrarono nel bar e ordinarono la colazione. 

Liz nell'attesa sfogliò il giornale che trovò sul tavolo e si stava quasi per strozzare quando riconobbe la donna nella foto in prima pagina, “Emily Davis, giornalista del Washington Post, trovata morta nel suo appartamento”, lesse ad alta voce, sconvolta. Era una loro ex compagna del liceo.

Max rimase impietrito e non riuscì a dire nulla. Poco dopo si rimisero in viaggio.

Liz non riusciva a pensare ad altro, continuava a chiedersi cosa fosse successo, ma la notizia era fresca e si conosceva ancora troppo poco. Max invece sembrava annebbiato e cercava di parlare d’altro, come se quella notizia non ci fosse stata, e poi dopotutto entrambi non vedevano Emily Davis dai tempi del liceo, era quasi un’estranea ormai, si era detta alla fine Liz.

Si fermarono qualche ora dopo per fare benzina, scese solo Max e Liz restò in macchina. Il telefono di lui si illuminò, lo aveva dimenticato, lei lo prese, era sempre stata un po’ invadente, ma sapeva che a Max non avrebbe dato fastidio. Quante volte aveva risposto ai messaggi al suo posto per conquistare una ragazza, perché lui non sapeva cosa scrivere e si rivolgeva a lei che aveva sempre avuto una fervida immaginazione. 

Non c’era il pin, passò il dito sullo schermo e lo sbloccò. Aprì whatsapp, sua madre gli aveva scritto per sapere se erano partiti, Daniel, un collega, gli chiedeva se volesse andare a vedere una partita di baseball al suo ritorno e subito dopo c’era un messaggio di Emily, Emily Davis. La donna trovata morta.

Liz si girò di scatto verso Max, ma lui era andato dentro a pagare così lei con la mano tremante fece in tempo a leggere l’ultimo messaggio di lei: “Scusami, non volevo ferirti. Mi farò perdonare quando torni. Grazie, a presto.”

Max si frequentava con Emily Davis? Perché non le aveva detto nulla prima? Cosa stava succedendo? 

Con la coda dell’occhio lo vide tornare, ripose il telefono e scese dalla macchina. 

«Guido un po’ io, ok? Hai guidato tu fino ad ora, diamoci il cambio.»

«Ok, d’accordo.»

Non sapeva perché lo stava facendo, ma il suo istinto le diceva di prendere il comando della macchina. Guidava senza dire nulla, stava pensando. Stava pensando al perché il suo migliore amico, che conosceva da una vita, non le avesse detto che aveva sentito Emily Davis la sera prima. Era per questo che oggi all'alba era così strano e aveva voluto anticipare la partenza?

Poco dopo prese la direzione opposta a quella che avrebbe dovuto, voleva tornare a casa. Lui se ne accorse e glielo fece notare, ma lei disse che non si stava sbagliando, stavano andando nella direzione corretta, tornavano a casa. Dove lui aveva visto l’ultima volta Emily Davis.

Max la guardò sconvolto e afferrò il volante per farla accostare. La macchina si fermò e lei scese velocemente. Lui provò ad avvicinarsi, troppo, come aveva tentato anni prima quando lei stava preparando l’hamburger e poco dopo scoprì che non sarebbero mai andati a letto insieme.

«Liz, ti prego, non me la sento.»

«Cosa? Cosa non ti senti? Cosa hai fatto?»

«In che senso. Cosa stai dicendo?»

«Perché Emily è morta e non mi hai detto che l’ultima volta che l’hai sentita è stata proprio ieri??»

«Perché ero sotto shock.»

«Così sotto shock che ti sei messo a parlare di tutt'altro come se non fosse successo nulla. Cosa doveva farsi perdonare??»

«Hai letto i miei messaggi??»

«Cosa doveva farsi perdonare?»

«Mi ha trattato male…»

«E per questo l’hai uccisa? Perché ti ha trattato male??»

«Aspetta, cosa? Non ho ucciso nessuno Liz, nessuno! Perché pensi questo?»

«Cosa sei diventato?»

Max fece un altro passo avanti e Liz, in preda alla paura, iniziò a correre. Stava scappando dal suo migliore amico, non riusciva a crederci, il suo migliore amico. Inciampò e lui provò a fermarla per le caviglie, lei prese una pietra medio grande, si girò e lo colpì alla tempia. La presa su di lei si allentò di colpo e Max iniziò a perdere sangue dalla testa. Un attimo dopo perse i sensi e si immobilizzò.

Lei tornò alla macchina, prese di nuovo il telefono di lui e lesse gli altri messaggi.

Nei messaggi precedenti Emily parlava a Max del suo ragazzo violento, lui provava a convincerla che doveva denunciarlo, ma lei non se la sentiva, diceva che sarebbe cambiato, che non era nulla, era stata solo una reazione estemporanea, e lui insisteva dicendo che era da stupidi stare con un uomo che la trattava male e lei colpita sul vivo gli aveva detto che doveva farsi i cazzi suoi.

Quando Max aveva saputo quella mattina che Emily Davis era morta, si era sentito in colpa. Pensando che se avesse convinto la donna a denunciare quel mostro lei sarebbe stata ancora viva, ma non era così.

E ora anche Max non c’era più.

E a Liz, scoperta la verità, l’unica cosa che le restava da fare quella notte era far sparire il cadavere del suo migliore amico.

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